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Sabato 15 Maggio si terrà a Torino la serata “Le Nuove Frontiere Della Musica Elettronica“.

Organizzata dalla netlabel Chew-Z e presentata all’interno della rassegna “BÎJA / Sounds of Impermanence”,  questa serata di musica elettronica avanzata vedrà succedersi alcuni live di artisti dell’etichetta stessa. Abbiamo incontrato Fabio Battistetti, co-fondatore (insieme a Daniele Pagliero) della netlabel, per conoscere meglio le sue attività e l’iniziativa.

Fabio è una di quelle personalità trasversali e attive in svariati campi della cultura e produzione musicale ma contemporaneamente defilate dai palcoscenici consolidati. Di base a Torino, è produttore e sperimentatore nel campo della musica elettronica dalla fine dei ’90, dj e conduttore radiofonico, studioso e divulgatore dei nuovi sviluppi della produzione e distribuzione musicale legata ad Internet.

Abbiamo aprofittato della chiacchierata anche per parlare del suo nuovo album “Unknown Language“, uscito a nome Eniac, il suo alter ego nelle produzione e performance musicali.

Ciao Fabio, abbiamo molte cose di cui parlare: il tuo nuovo album, la Chew-Z che si avvicina alla ventesima release e la serata di sabato 15 Maggio insieme ad una nutrita schiera di artisti della Chew-Z stessa. Iniziamo dal tuo disco, parlaci di “Unknown Language”.

Il disco rappresenta il mio lavoro di ricerca nella musica elettronica che comunica un’emozione: musicalmente è molto vario e raccoglie proprio questa mia ricerca sonora iniziata poco dopo l’uscita di The Wagon che aveva un concept preciso e uno stile ben definito.

– Eniac – Ligneo (da “The Wagon”, Chew-Z, 2007) –

Una volta finita la produzione delle tracce, pensavo di mandare un promo in giro per collaborare con qualche etichetta esterna, ma alla fine ho optato per far da me tramite Chew-Z avendo a disposizioni tutti gli strumenti per giungere al medesimo risultato, distribuzione a parte, dato che Chew-Z distribuisce solo su Internet.

Per me, Unknown Language è mettere un punto e andare a capo, perché d’ora in poi la mia produzione musicale si articolerà in altri campi sonori, il lavoro fatto andava documentato nel migliore dei modi e il disco ne è il risultato.

I suoni che usi sono spesso distanti dal sintetico puro, o comunque non spesso riconducibili facilmente ad esso. Cosa usi per produrre?

Faccio parte di quelli della “computer music” anche se non mi sento parte di nessun gruppo o stile… il laptop e il software sono i miei strumenti, ma le fonti sonore derivano quasi esclusivamente da campionature con microfoni esterni. Nell’ultimo anno mi sono avvicinato all’uso del midi e ad un’approccio più “tradizionale” nell’uso dei software, perché la mia natura mi porta a farne un uso non convenzionale che rimanda alla musica generativa o all’uso dell’errore. In mezzo a tutto ciò c’è la ricerca sonora orientata al suono degli oggetti e di elementi del tutto naturali.

– Eniac – Tag Cloud (da “Unknown Language”, Chew-Z, 2010) –

Da quando ti conosco artisticamente, ho sempre apprezzato il tuo modo, personale e forse intransigente di approcciarti alla sperimentazione con la materia sonora.Cosa ispira il tuo metterti al lavoro e cosa guida la tua composizione?

Parafrasando un vecchio spot automobilistico, “ci guida la passione”! Oltre a questo c’è la mia curiosità nella possibilità di ascoltare nuove alchimie sonore. Parto da un’approccio poco musicale, non ho una formazione tale e non so leggere un pentagramma, ma quello che mi permette di esprimermi musicalmente è la voglia di creare che supera quasi ogni limite tecnico, in questo mi ha aiutato la mia “formazione” nel do it yourself.

Sei sempre stato interessato e legato al mondo della musica elettronica o arrivi da altre esperienze?

Ho una formazione rock, o meglio punk… sui banchi di scuola iniziai ad interessarmi a radio, fanzine e musiche rumorose; l’approdo all’elettronica fu una conseguenza della ricerca di musiche rumorose, intesa come la roba industriale anni ’90. Un momento cardine credo sia stato il concerto del 1995 in piazza San Carlo degli Orbital: il che mi ha portato tuttora ad avere un gran rispetto per la scena 90′s inglese, dalla acid al breakbeat passando per New order e Manchester.

Le esperienze passate si rivelano un po’ nel modo in cui produco e tuttora parte delle influenze arriva da formazioni chitarristiche.

Sei molto attivo dal vivo, con diversi progetti/formazioni. Mi aveva molto colpito, ad esempio, il progetto di Into The Wood. Che rapporto hai con i live set e cosa ti permettono di esprimere?

Iniziai a fare musica con l’obbiettivo di fare performance, ma per i limiti tecnici che avevo sviluppai il mio percorso soprattutto nella produzione, solo negli ultimi anni ho raggiunto le capacità per esprimermi in progetti performativi e di conseguenza sono arrivati i progetti di Into The Wood e a suo modo di B-Light. In generale quando produco un brano, lo creo nell’ottica che lo suonerò dal vivo e per me ciò vuol dire suonarne ogni parte e non mandarlo in play e regolare pitch ed equalizzazione: ciò è dovuto al fatto che quando suono dal vivo tendo ad essere un performer. Into The Wood è ora un progetto in maturazione e sul quale verterà molto del mio futuro musicale.

- Eniac | Into The Wood  – Live @ EVA, 2009 –

Chew-Z: una label dalle molteplici identità, ma spesso un’unico obiettivo: ricercare il personale e il poco classificabile. Parlaci di come vivi l’etichetta e dei risultati raggiunti, di quello che ti ha dato (e non ti ha dato) e quello che vorresti.

E’ un momento topico per Chew-Z. Siamo in fase di transizione tra l’essere una netlabel e un qualcos’altro che si addica più al nostro modo di intendere la produzione e distribuzione musicale. Hai ragione nel dire che abbiamo una nostra ricerca personale nelle musiche che pubblichiamo che si basa sulle affinità musicali tra me e Daniele, con l’obbiettivo sempre presente di portare alla luce musiche e musicisti che meritano e che da soli farebbero fatica a trovare una via per diffondere il proprio lavoro. Gestire Chew-Z comporta parecchio impegno che non sempre possiamo garantire perché questa non è la nostra primaria attività, di conseguenza ci sono molte cose da migliorare e molte che vorremmo, ma non ci mettiamo fretta perché i dischi che stiamo pubblicando sono i risultati migliori che possiamo avere. Stiamo cercando di evolverci dall’essere una mera netlabel, verso una sorta di broadcaster di musiche elettroniche sperimentali e al tempo stesso stiamo cercando di curare anche dei buoni prodotti, andando a stampare i dischi in edizioni in digipack.

Descrivici due artisti Chew-Z: il più pazzo e ispirato, e il più lucido e forward thinking, secondo te.

Yorgl è tra i più ispirati e pazzi, considerando che per lavoro passa buona parte del suo tempo di fronte ad un computer, ma non per suonare, poi lo vedi dal vivo e senti che suoni e ritmiche tira fuori!

Sull’altro versante citerei la sensibilità di Paul Beauchamp e la lucidità dei Riga sia in quello che producono in studio che dal vivo: stanno finendo l’album e non abbiamo dubbi che sia una bomba.

Sabato 15 Chew-z presenterà i live di alcuni degli artisti Chew-Z. Come e perché è nata la serata e a cosa assisteremo?

L’idea è nata dalla collaborazione con Fabrizio Modonese Palumbo che dirige gli eventi di Bija Sounds Of Impermanence, noi abbiamo colto l’occasione per presentare i nostri migliori artisti per quanto riguarda l’esibizione dal vivo sommandoci un’intervento site specific vista la location: un ex cimitero, così che uno degli interventi visuali sarà mirato a questo tema. Ospitiamo anche per la prima volta a Torino Tobor Experiment e Con_cetta, due sound designer e menti lungimiranti nell’ambito della ridefinizione della musica elettronica, oltre che musicisti da noi stimati. La summa di tutto è la visione che Chew-Z ha al riguardo della musica elettronica dal vivo, dove la proposta artistica dei musicisti è centrale e l’evento è fatto per ritrovarsi tutti assieme in un luogo ad ascoltare.

Da persona attiva nel mondo delle netlabel e più in generale della musica elettronica, come vivi il momento particolare in cui stai operando?

Le mie lenti in questo momento non sono così pulite, nell’ultimo anno mi sono dedicato prevalentemente allo sviluppo dei miei progetti musicali, ho terminato di collaborare con Radio Flash sul programma dedicato al Netaudio e ho ripreso ad acquistare molti dischi ma d’annata; ciò si traduce nell’aver notato che ci sono molte dinamiche in movimento: le netlabel hanno messo in chiaro che non sono processi fini a se stessi, ma solo dei passaggi, e in questo anno molte si sono evolute in altre forme. C’è stata una grossa sovraesposizione di producer e dj negli ultimi anni perché oggi tutti possiamo essere star e va benissimo, ma ciò comporta l’innalzamento delle liste di collocamento… di conseguenza chi è in grado di riconoscere e mettere in vista le proprie peculiarità e qualità ce la fa. Insomma, è un periodo transitorio e indubbiamente positivo per le ragioni di cui sopra, ma ahinoi l’altra parte della medaglia parla del fatto che camparci è sempre più arduo e ciò in un’ottica di lungo termine non è un buon segnale.

Parlando del pubblico: cosa sta cambiando nell’educazione alla musica e al rapporto che ha il pubblico con essa?

Siamo nell’era di Internet (che banalità…): l’autoformazione è a portata di tutti, l’educazione è un’altra cosa e ho la sensazione che stia sparendo. Ho avuto modo di relazionarmi, durante un’esibizione di Into The Wood con gli studenti di una scuola magistrale: a vedermi con in mano un pezzo di legno non sapevano che stessi facendo, quando gli ho raccontato quel che combino con il legno, cioè che lo faccio suonare, li ho illuminati. Le nuove generazioni hanno a disposizione i mezzi, ma hanno bisogno di un’educazione all’uso e alla conoscenza.

“Le nuove generazioni hanno a disposizione i mezzi, ma hanno bisogno di un’educazione all’uso e alla conoscenza”

La musica può dare da vivere oggi? Hai un altro lavoro oltre alle attività artistiche e musicali?

Io, faccio un altro mestiere, faccio musica per vocazione e ci sono arrivato tardi: in questo momento cultura ed intrattenimento hanno un valore molto basso nei principi sociali del posto in cui viviamo, di conseguenze sono poche le strutture di supporto che possono aiutare chi voglia fare il musicista “non convenzionale”.

In generale miro a costruirmi una situazione in cui la mia vocazione possa darmi un qualcosa in più…

Perchè fai musica?

Per passione e vocazione; è il mio modo più completo di esprimermi.

Chi è il Music Maker oggi?

Credo possa essere chi si è riconosciuto nelle mie risposte, penso che siano in tanti ma non ci diamo il giusto valore perché una parte abbastanza grossa del nostro tempo dobbiamo dedicarla a far capire agli altri che siamo dei musicisti…

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